Rimuginio nei disturbi d’ansia
A cura della Dott.ssa Loretta Bezzi, Psicologa-Psicoterapeuta, SITCC e EMDR Italia
Il rimuginio è un fenomeno mentale che si accompagna all’ansia (anche alla depressione, ecc.), che contribuisce al suo mantenimento e aggravamento. E’ stato studiato per la prima volta dagli psicoterapeuti cognitivo-comportamentali (Borkovec, Inz, 1990), che inizialmente si sono occupati di approfondire e conoscere i costrutti dell’ansia, ai fini del suo trattamento. Solo in seguito è emerso che la componente prevalentemente cognitiva dell’ansia ( la “preoccupazione” , la traduzione letterale del termine inglese “worry” ) era un “costrutto” a sé, che si presentava anche con altri disturbi. Il rimuginio è solo parzialmente associato all’ansia e alla paura (Davey, 1993). Il rimuginio o worry ( la traduzione migliore e tecnicamente più appropriata è “rimuginio” e non “preoccupazione”, secondo Sassaroli e Ruggiero, 2003) si connette strettamente al processo della paura. (Borkovec et al., 1983). Chi rimugina ha paura, teme sempre che il peggio possa avverarsi e non sa come fronteggiare tale evenienza, si sente debole, insicuro; si sviluppa in persone che percepiscono sostanzialmente il mondo come un posto pieno di pericoli, che temono di non avere in sé la capacità di far fronte agli eventi che il futuro potrebbe avere in serbo per loro.
Qual è la caratteristica fondamentale del rimuginio?
La caratteristica fondamentale del rimuginio è la sua ripetitività e la sua capacità pervasiva di occupare lo spazio mentale della persona con pensieri ripetitivi, incontrollabili, intrusivi e focalizzati su contenuti negativi di eventi che potrebbero accadere nel futuro. La persona si preoccupa di ogni cosa e su temi che possono riguardare il lavoro, la salute, la famiglia, il futuro, ecc. Arriva a rimuginare, a ripetere mentalmente a se stesso che le cose stanno andando male o che qualcosa di brutto potrebbe capitare da un momento all’altro; si tratta di un pensiero di tipo verbale astratto, privo di dettagli e di focalizzazione visiva (l’immaginazione dei possibili scenari spaventerebbe troppo), ma è proprio questo tipo di pensiero ripetitivo privo di immaginazione che contribuisce a mantenere il rimuginio e a cronicizzarlo.
Il rimuginio è tanto più grave e difficile da eliminare quanto più la persona attribuisce ad esso significati positivi, come pensare che rimuginare aiuti a risolvere i problemi, prepari al peggio, riduca la probabilità che accadano cose negative, anche se non esiste nessuna connessione tra il rimuginio e l’evento temuto, ecc. Il rimuginio cresce all’aumentare delle credenze positive su di esso, sino ad arrivare al rimuginio sul rimuginio (metarimuginio), ovvero pensare di non avere più il controllo su di esso, pensare che rimuginare è pericoloso, che può portare alla follia e che si potrebbe essere sopraffatti dalle rimuginazioni da non riuscire più a smettere di rimuginare (Wells, 2000). Tuttavia esiste anche un rimuginio ascopico, la persona sa che rimuginare non è di nessuna utilità, ma non riesce a fermarsi (forma di rimuginio patologico meno grave).
Il rimuginio può avere effetti deleteri sulla salute fisica e mentale; il rimuginio cronico può portare a sintomi fisici invalidanti; prima del sonno può portare all’insonnia (Harvey, 2000); le persone che rimuginano in modo cronico presentano insonnia, irrequietezza, mal di testa, irritabilità e nausea in misura maggiore rispetto agli individui con disturbo da attacchi di panico (Nisita et al., 1990; Noyes et al., 1992); i grandi rimuginatori manifestano una maggiore tensione muscolare rispetto agli individui non ansiosi (Hazlett, McLeod, Hoehn-Saric, 1994; Hoehn-Saric, Masek, 1981). Inoltre pare che il rimuginio sia associato ad una maggiore vulnerabilità nei confronti di una serie di sintomi fisici spiacevoli attraverso l’azione del sistema nervoso centrale; il rimuginio cronico è associato ad alti livelli di utilizzo di cure sanitarie e di costo delle suddette cure (Logue et al., 1993; Roy-Byrne, Katon, 1997); è considerato un fenomeno che favorisce l’esordio di danni alle coronarie negli uomini anziani (Kuzbansky et al., 1997); può portare al DAG (disturbo d’ansia generalizzato), un disturbo spesso cronico e invalidante, sovente associato a uno sviluppo successivo di depressione maggiore.
Il rimuginio diventa patologico e disfunzionale quando è eccessivo e incontrollabile, ma il rimuginio rappresenta un processo umano normale quando è occasionale ( capita a tutti di preoccuparsi per il futuro occasionalmente). In generale implica pensieri negativi (sotto forma di dialogo con se stessi) riguardo a possibili minacce future ed è presente non solo nei disturbi d’ansia, ma anche nella depressione (Nolen-Hoeksema, Psrker, Larson, 1994; Starkevic, 1995), con la differenza che il contenuto del rimuginio depressivo è più legato al ricordo e all’interpretazione negativa di eventi passati, piuttosto che a previsioni negative di disgrazie future possibili. Nelle persone ansiose i ricordi negativi minacciosi vengono depositati nella memoria a lungo termine e si presentano poi sotto forma di pensieri improvvisi e intrusivi, il pensiero è più ripetitivo, il pessimismo non viene argomentato e attribuito ad esperienze passate, ma semplicemente dichiarato a se stessi in modo ripetitivo (Williams et al., 1997). In altre parole, a differenza dell’ansioso il depresso quando rimugina tenderebbe a sostenere con argomenti articolati e complessi il proprio pessimismo (Nolen-Hoeksema, 2000; Fresco, Frankel, Mennin, Turk e heimberg, 2002).
Il rimuginio è connesso all’ansia e al perfezionismo, quella tendenza a porsi obiettivi eccessivamente elevati e soprattutto il timore dell’errore, cioè l’incapacità di ammettere imperfezioni ed incertezze, nonché la tendenza ad interpretare ogni minima discrepanza dall’obiettivo iniziale come segno di fallimento globale. La persona patologicamente perfezionista, quando si trova in uno stato di ansia elevata a causa della sua eccessiva paura di sbagliare, mostra un grado elevato di rimuginio.
Tuttavia il rimuginio normale non è negativo, predispone al pensiero produttivo e al problem solving. La terapia cognitivo-comportamentale attraverso l’automonitoraggio, le tecniche cognitive, le tecniche di rilassamento, ecc., aiuta a correggere il “rimuginio patologico” insieme al “perfezionismo patologico”, riportando la persona ad un “sano perfezionismo” , ad un “rimuginio normale” e ad adottare un “approccio positivo alla vita e ai suoi eventi quotidiani”. Una terapia realmente efficace per il rimuginio sembra avere anche un ampio riscontro in molti problemi psicologici, per i quali le persone cercano aiuto.