L’eccitazione sessuale è una sensazione soggettiva di piacere accompagnata da caratteristiche modificazioni fisiologiche. Nell’uomo questa modificazione consiste nella vasocongestione del distretto penico, che comporta l’erezione e la secrezione della ghiandola di Cowper, mentre nella donna la vasocongestione è generalizzata a tutto il distretto pelvico e comporta la lubrificazione vaginale e il turgore dei genitali esterni. Tale processo ha come via comune, sia nel maschio che nella femmina, la vosocongestione genitale, che è gestita dai centri spinali, modulati a loro volta dal lobo limbico (vertice del cervello emotivo). Il lobo limbico è supervisionato dalla corteccia e dagli aspetti cognitivi.
Ne consegue che un disturbo dell’eccitamento sessuale non necessariamente ha una causa organica, ma anche psicologica, a causa degli aspetti cognitivi (i pensieri, le credenze) che influiscono sul lobo limbico, il quale a sua volta influisce sui centri nervosi spinali che gestiscono la vasocongestione genitale. Quando un disturbo ha una causa organica nell’uomo sono assenti le erezioni notturne durante il sonno. L’inibizione dell’eccitazone sessuale nel maschio comporta l’impotenza, mentre nella femmina la frigidità.
L’impotenza è una persistente o ricorrente, parziale o completa, impossibilità per il maschio di raggiungere l’erezione fino al completamento dell’attività sessuale. Abbiamo quindi una persistente o ricorrente mancanza della sensazione soggettiva di eccitamento sessuale e di piacere durante l’attività sessuale.
Come succede che si arriva all’impotenza?
Il meccanismo della vasodilatazione può incepparsi anche solo con la previsione o con l’inizio del rapporto sessuale, se questo comporta un’attivazione emotiva intensa (di paura, di ansia, di rabbia, di disgusto, ecc.), e comunque tale da suscitare una reazione di allarme. La reazione di allarme è sostenuta dall’attivazione del sistema nervoso simpatico, il quale inibisce il prevalere del sistema nervoso parasimpatico necessario alla vasodilatazione genitale e quindi all’erezione nel maschio. Nell’uomo l’attivazione emotiva di fronte ad uno stimolo non può andare disgiunta dalla valutazione cognitiva dello stimolo stesso. La possibilità del rapporto è vissuta come un evento pericoloso, che suscita una reazione emotiva di allarme che impedisce la possibilità stessa del rapporto. Una volta verificatosi il primo insuccesso è la previsione stessa di un possibile fallimento a provocare emozioni di paura, rabbia o colpa e dunque attivare ulteriormente il simpatico.
Il circolo vizioso di automantenimento ripercorre la stessa strada patogenetica e rafforza il disturbo: non è più la possibilità di un imminente rapporto, ma piuttosto la constatazione del fallimento ad essere costruita come un evento pericoloso e a suscitare ulteriore ansia, rabbia o senso di colpa.
La terapia, pur perseguendo l’obiettivo generale della diminuzione delle emozioni disturbanti, sarà di volta in volta diversa a seconda che si tratti di rabbia, di paura, di disgusto, di colpa, ecc.
La terapia mansionale integrata, che è una terapia breve (dura 4-8 mesi), a cadenza settimanale, strategica, esplicitamente direttiva è quella d’elezione (in base alle evidenze scientifiche sugli esiti) per risolvere l’impotenza.
Durante il percorso della terapia mansionale integrata:
- viene ricostruito il problema con il paziente, quali emozioni sono alla base del momento patogenetico e del suo circolo di automantenimento;
- vengono prescritte graduali esperienze concrete (es. all’inizio la prescrizione sarà l’astensione dai rapporti sessuali, per togliere l’obbligo della dimostrazione della virilità, poi vengono prescritti gli esercizi di autosservazione, la masturbazione inizialmente non in presenza della donna, la focalizzazione sensoriale 1,2,3,4, il coito in esigente, ecc) e proposte ristrutturazioni cognitive che modifichino il suo circolo di automantenimento;
- infine vengono criticate e modificate quelle convinzioni che producono l’emozione disturbante al momento dell’imminenza del rapporto e che si fondano sulla storia di apprendimento e di attaccamento del soggetto.
Questo è l’aspetto più squisitamente psicoterapico di tutto il lavoro.